Anche il Senato approva il Decreto Dignità


Il ministro del lavoro Luigi Di Maio, ha commentato la nuova legge sul lavoro utilizzando una metafora calcistica: “Cittadini 1-sistema 0”. Il Decreto Dignità è passato con 155 voti favorevoli, 125 contrari e un solo astenuto. A conti fatti, i Penta-leghisti dovrebbero avere 167 seggi, mentre Pd, Forza Italia, Liberi e Uguali, Fratelli d’Italia, Altri, più i Senatori a Vita ne avrebbero 153. Se non abbiamo mal interpretato i numeri della nostra fonte, abbiamo ben chiaro di quanto il cancro neoliberista ammorbi le nostre istituzioni.

Il Decreto Dignità diventa quindi, a tutti gli effetti una legge dello Stato ed è anche la prima norma approvata, coerente con le promesse fatte dal Movimento 5 Stelle in campagna elettorale. Osteggiata da tutte le forze politiche che fanno prevalere la finanza globale sul proletariato italiano, simboleggia la rivincita di una classe lavoratrice troppo a lungo umiliata dai neoliberisti di destra e sinistra. Per quanto nessun commentatore lo dica, senza la Lega di Salvini, che ha tranquillizzato i piccoli e medi imprenditori suoi tradizionali elettori, il Decreto Dignità non sarebbe passato.

Hanno reso i lavoratori poveri, spaventati e facilmente ricattabili.

A chi non piace questa legge? In primis alla grande industria e alle multinazionali, che troppo a lungo hanno umiliato i lavoratori italiani, grazie soprattutto a leggi create ad hoc dai partititi istituzionali. Ovviamente non piace nemmeno al mainstream prezzolato e ai partiti del regime neoliberista che fin qui ci hanno sgovernato. In questi anni, ai lavoratori veniva richiesta “Flessibilità”, un imperativo che non riguardava solo l’orario di lavoro e che è stato elevato alla massima potenza.

Flessibilità significa per il lavoratore piegarsi quasi gratuitamente alle esigenze dell’azienda: andare in ferie nei momenti di calo di lavoro; Mettersi a completa disposizione di un monte ore lavorativo variabile e imprevedibile; Non guardare troppo a quanto tempo trascorra in azienda né a quante ore sottragga alla sua famiglia o vita privata; Sostituzione della pausa pranzo di un’ora, con un breve spuntino di una decina di minuti, compatibilmente con le esigenze del lavoro: Non ti va bene? Fuori dall’uscio c’è la fila di disperati d’importazione, facilmente ricattabili, che accetteranno qualsiasi condizione in silenzio!

Il grande Charlie Chaplin in “Tempi moderni”

Ovviamente la colpa NON è dei migranti, come abbiamo scritto loro sono DISPERATI che accetterebbero QUALSIASI condizione di lavoro pur di restare e inviare a casa loro qualche centinaio di euro pur di far star bene le loro famiglie.

L’Azienda come Chiesa

Praticamente, per i neoliberisti globalizzatori, l’azienda è un edificio di culto, le 62 famiglie che detengono i due terzi della ricchezza globale ne sono i Santi, gli Unti del dio mercato. Per i neoliberisti le banche sono legazioni della chiesa globale, lo spread è un demone che vorrebbe gettare il caos nel turbo-capitalismo: Vade Retro!

Ovviamente una chiesa che si rispetti ha i suoi Vescovi, Preti e via discorrendo. In tutto il mondo, una pletora di servi del capitale si sono dunque messi a disposizione del dio mercato. In Italia, questi sacerdoti sono i politici, gran parte dei sindacati e media. Gente che almeno dal 1984 ha demolito i diritti del proletariato con operazioni di bassa macelleria sociale. Parto da quella data, perché quell’anno venne abolita la Scala Mobile, uno strumento che a malapena adeguava i salari al costo della vita.

Anno dopo anno, man mano che il vecchio Partito Comunista cedeva al mercato, i diritti dei lavoratori venivano erosi. Dopo l’annientamento del PCI ad opera di un gruppo di voltagabbana alla Bolognina, l’unico partito che tutelava i lavoratori si trasformò in una COSA liberal-progressista. vagamente socialdemocratica. Gli anni successivi, sotto l’influenza di Tony Blair e Bill Clinton, divenne il coacervo delle idee più inutili e melanconiche dell’universo mondo e se Marx venne bandito, i pochi diritti dei lavoratori vennero addirittura annientati.

Il Decreto Dignità

Dopo che il popolo s’è reso conto che troppo a lungo era stato ingannato, ha affidato le proprie sorti a due forze controverse e almeno per ora, anti sistema. La nuova, apparentemente improbabile maggioranza Penta-Leghista in soli tre mesi sta rivoluzionando lo status quo e facendo impazzire le pseudo destre e sinistre. Dopo anni di mortificazione dei lavoratori, è stato approvato il primo decreto non scritto da potentati economici e lobby e che cerca di restituire loro diritti cancellati.

Quello che più ha colpito, è il fatto che la nuova norma sia passata senza ricorrere alla fiducia, superando la prova più dura, quella di Palazzo Madama, perché al Senato i voti di scarto dall’opposizione erano risicati. Il governo ha inoltre dimostrato di saper lavorare celermente, infatti nelle commissioni Finanze e Lavoro, l’esame del provvedimento si è chiuso in un solo weekend nonostante l’ostruzionismo delle opposizioni.

Tutto ciò è stato realizzato in un momento difficile per le tragedie di Bologna e Foggia, dove il governo era presente, portando indicazioni e stanziamenti per affrontarle. Infine in tempo record, il premier Giuseppe Conte, appena rientrato dai sopralluoghi, ha raccolto anche l’approvazione del Decreto Dignità. Nel commentare l’approvazione della norma, il Partito democratico per bocca del capogruppo Andrea Marcucci, ha parlato di “umiliazione subita dal Senato”: chissà perché. A fine seduta il Pd ha inscenato una protesta con tanto di cartelli recanti la scritta “80mila posti in meno. Bye bye lavoro”, uno sfogo che è stato stoppato dalla presidente del Senato.

Terminiamo qui questa disamina, perché per commentare gli altri punti inseriti nel decreto occorrerebbe triplicare la lunghezza di questo articolo. Ciò che pensiamo di questa norma è che sia appena sufficiente, ma rappresenti un primo passo per restituire diritti al proletariato. Troppo a lungo si è fatta bassa macelleria sociale sui lavoratori, dunque questa legge è per noi un primo passo per restituire loro dignità. In futuro, ci piacerebbe fosse affrontato un ammodernamento dello Statuto Dei Lavoratori in senso migliorativo, magari superando certe incongruenze come il trattamento differenziato tra pubblico e privato, anche per evitare che i dipendenti pubblici vengano utilizzati come serbatoio di voti, e che prendano coscienza della condizione svantaggiata dei loro colleghi.

Luciano Bonazzi