Crisi del Venezuela: facciamo il punto


Nicolás Maduro, legittimo Presidente della Repubblica Bolivariana, eletto e sostenuto dal popolo venezuelano. Foto: granma.cu

Dopo la Siria e l’Ucraina, la guerra ibrida scatenata dagli Stati Uniti contro la Russia, fa ora tappa in America Latina. Toccando il Venezuela, gli USA e i suoi vassalli occidentali, si trovano però a dover fronteggiare non solo la Russia, ma anche la Cina e i paesi BRICS.

Il Venezuela d’altri tempi, cioè al momento del crollo dell’Unione Sovietica, sarebbe stato facile preda per gli Imperialisti Occidentali. Invece, al giorno d’oggi, Washington rischia di andare a sbattere contro forti interessi economico-militari, in grado di mettere in affanno anche i pur potenti Stati Uniti.

È vero, il petrolio venezuelano fa gola agli imperialisti, come anche grandi risorse quali gas naturale, oro, diamanti, ferro, asfalto, amianto, magnesite, carbone, bauxite, fosfati, i cui grandi giacimenti sono ancora poco sfruttati. Queste ricchezze sono tutte buone ragioni per impossessarsi del paese, ma da sole non sono sufficienti a giustificare l’accanimento degli ultimi giorni.

Chi mette in discussione due tipi di valuta muore

Esiste una sorta di peccato mortale per il quale false flag e pistole fumanti sono sempre pronte, fornendo tanti validi pretesti per giustificare l’invasione di nazioni sovrane. A nostra memoria, vi è il caso dell’Iraq di Saddam Hussein, il quale, messo al potere dagli stessi americani, non venne deposto nemmeno dopo la prima guerra del golfo.

Il dittatore rimase tranquillamente al potere, fino a quando annunciò il passaggio all’Euro nelle transazioni petrolifere. In pratica, l’Iraq, stava dimostrando agli altri paesi membri dell’OPEC, che era possibile abbandonare il dollaro quale moneta di scambio. Se tutti i paesi all’organizzazione avessero seguito l’indicazione di Saddam, per gli USA si sarebbe aperta una crisi irreversibile.

                 Il Dinaro d’oro panafricano, a causa del quale il colonnello Gheddafi venne
               assassinato dai Francesi con la complicità della NATO. foto www.kautsar.co.id

Un altro caso simile, è quello di Muammar Al Gheddafi e della Libia. Il colonnello era scomodo in particolare per l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy, che aveva accettato da Gheddafi un “dono” di 50 milioni di euro a sostegno della sua candidatura presidenziale. Oltre a quello scandalo oggi emerso e che vede Sarkozy inquisito, in base alle mail desecretate di Hillary Clinton sui bombardamenti francesi del 2011, Parigi voleva fermare con ogni mezzo il progetto di Gheddafi di creare una nuova valuta panafricana, alternativa al franco coloniale Cfa utilizzato da 14 paesi africani.

In base a questi due emblematici precedenti, senza aggiungerne altri per brevità, ricordiamo che in Venezuela, nell’ottobre 2017, la CIA utilizzò agitatori colombiani, che nascosti tra i manifestanti, scatenarono moti violentissimi. A farne le spese furono Militanti Bolivariani, Poliziotti e Militari, che vennero raggiunti da spari esplosi da sicari nascosti tra la folla o linciati da centinaia di persone abilmente irretite dai mercenari prezzolati.

Foto: ©www.cubasi.com

Successivamente, il mainstream occidentale, ribaltò la narrazione, contabilizzando indistintamente le vittime bolivariane e quelle dell’opposizione, facendo credere al mondo che fossero tutte vittime della repressione di Maduro. Da quel momento, a fronte dell’embargo, anche su cibo e medicine, imposto al suo paese, il presidente Venezuelano decise di non utilizzare più il dollaro, ma il Petroyuán nelle transazioni commerciali, rafforzando il legame con Russia e Cina.

Ecco dunque il peccato capitale compiuto da Caracas, ecco il motivo per il quale neoliberal e neocon USA, dopo anni di scontri anche violenti, si sono stretti a Donald Trump, applaudendolo a scena aperta: scambiare petrolio bypassando il dollaro USA è un’onta che va lavata nel sangue.

L’acclamazione bipartisan a Donald Trumpo: “Non saremo mai un paese socialista”

Tirate le somme, non c’è da stupirsi se Caracas è sostenuta da Cina, Iran e Russia. Piaccia o no, sono queste le uniche nazioni che si oppongono al giogo imperialista occidentale e in grado di liberare i popoli colonizzati del terzo mondo dal dominio di dollaro e CFA.

La resistenza del Venezuela Bolivariano all’Imperialismo

Il Venezuela è oggi il punto chiave della resistenza, non a caso, l’attuale Consigliere per la sicurezza nazionale USA John Bolton, ha ammesso pubblicamente: “Farebbe tutta la differenza del mondo se le nostre compagnie potessero investire in Venezuela e sfruttarne le capacità petrolifere”. Ciò che Bolton intende dire, non si limita al fatto che Big Oil, cioè BP, Chevron, Exxon, Shell, Total, Eni e Phillips possano controllare il petrolio venezuelano, ma che ne monopolizzino lo sfruttamento in dollari, a beneficio degli Stati Uniti.

Agli USA non va proprio giù che il Venezuela tragga profitto dalle proprie risorse nel modo che preferisce, quindi hanno stabilito che lo stato bolivariano venga distrutto. Alla fine, è solo una questione di guerra economica, come suggerisce l’imposizione da parte del Dipartimento del Tesoro statunitense, di nuove sanzioni alla Petróleos de Venezuela, inasprendo ulteriormente l’embargo contro il Venezuela.
Quanto sta accadendo a Caracas, dove un tizio metaforicamente sale su uno sgabello e si autoproclama nuovo presidente, non è molto diverso dalle solite rivoluzioni colorate utilizzate nell’Eurasia: un cambio di regime promosso direttamente dagli USA. In questo caso, la Casa Bianca utilizza le élite venezuelane allergiche al socialismo bolivariano, per insediare Juan Guaidó, emerito sconosciuto, quale “presidente ad interim”.

Immagini CNN del summit tra il Senatore John McCaine,
Al-Qaeda/Al-Nusra e Al-Baghdadi alla vigilia della guerra siriana.

 

Come accadde nel caso del presidente Bashar al-Assad in Siria, l’occidente dapprima creò un’opposizione fittizia composta da mercenari jihadisti provenienti da tutto il mondo, ottenne il sostegno della Lega Araba, poi fece scoppiare una guerra civile per procura, insediando il Califfo Al-Baghdadi.  Allo stesso modo, in Venezuela, il ruolo della Lega Araba lo giocano l’Organizzazione degli Stati americani e il Gruppo di Lima, [entrambi vassalli di Washington]. Al posto dei “terroristi moderati” di Al-Nusra, si utilizzano mercenari latinoamericani addestrati dalla CIA in Colombia.

Il ruolo dei media mainstream occidentali

Contrariamente a quanto sostiene il mainstream occidentale, le ultime elezioni in Venezuela sono state assolutamente legittime. Le macchine per il voto elettronico, made in Taiwan, paese amico degli Stati Uniti, erano a prova di manomissione. Le operazioni di voto si sono svolte sotto il controllo dei delegati del Consiglio degli Esperti Elettorali dell’America Latina i quali hanno dichiarato che l’elezione ha rispecchiato “in modo trasparente la volontà dei cittadini venezuelani”.

Successivamente all’inasprimento dell’embargo, in un paese dove un pieno di benzina costa meno di una lattina di Coca-Cola, vi è stata una cronica penuria di cibo e medicinali, tale da costringere almeno due milioni di persone a lasciare il Venezuela. Alfred de Zayas, l’inviato ONU in Venezuela, esperto di diritto internazionale ed ex segretario del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, ha dichiarato che Washington sta conducendo una “guerra economica” contro un’intera nazione.

In un sondaggio condotto da Hinterlaces, censurato dal nostro mainstream, l’86% dei cittadini era contrario a qualsiasi tipo di intervento militare o di altro tipo da parte di Washington. L’81% dei venezuelani ha dichiarato di essere contrario alle sanzioni statunitensi e di non aver bisogno di “benigne” interferenze straniere a favore di “democrazia” e “diritti umani”.

Il fattore Cina-Russia

Il fine americano, al di là di embargo e sabotaggi, è quello di fomentare una guerra civile. Alcuni agenti forestieri, infiltratisi nei barrios di Caracas, compiono azioni notturne antigovernative e amplificano la portata dei “disordini” sui social media. Questi rappresentano l’unica possibilità di successo per Guaidó per riuscire ad instaurare un governo parallelo che possa accedere alle entrate petrolifere, mentre Washington cercherà di far cadere il governo Maduro.

Indipendentemente dai sogni del Pentagono, un’invasione del Venezuela potrebbe sfociare in un nuovo Vietnam. L’utilizzo delle “5.000 truppe in Colombia” ventilato da Bolton, anche senza l’intervento russo-cinese, non avrebbero alcuna chance contro i 15.000 militari cubani già presenti in Venezuela. In caso d’invasione poi, Cina e Russia non starebbero a guardare: allora per Washington sarebbero gai sull’uscio di casa.

Che per gli Stati Uniti non sarà facile impossessarsi del Venezuela, lo suggerisce il fatto che la Cina vanti un credito di qualche miliardo di dollari da Maduro. Nel solo 2018, Pechino ha prestato 5 miliardi di $ a Caracas e stretto una ventina di accordi bilaterali. Da parte russa, non va dimenticato che Mosca ha una partecipazione del 49,9% nella Petróleos de Venezuela, S.A., quindi i russi sono in possesso di parte del principale asset Venezuelano.

Queste sono le incognite che pendono sulla Casa Bianca, Maduro, di fronte alle difficoltà, ha blindato la Rivoluzione Bolivariana affidandosi a Russia e Cina. A questo punto, le due superpotenze hanno tali interessi in Venezuela, che non vi rinunceranno facilmente. A conferma di questa tesi, il presidente russo Vladimir Putin ha già offerto il pieno sostegno a Nicolás Maduro, criticando “le distruttive interferenze dall’estero [che] violano palesemente le norme basilari del diritto internazionale”.

Luciano Bonazzi

Fonti: tutti i link esterni presenti nel testo e www.granma.cu