#Wikileaks Il lento omicidio di Assange

Dopo le accuse di torture psichiche praticate su Julian Assange denunciate da Nils Melzer, incaricato dalle Nazioni Unite di relazionare sulle condizioni in cui versa il fondatore di Wikileaks da più parti salgono i timori che questi venga ucciso lentamente. Il giornalista è detenuto nella prigione di Belmarsh a sud-est di Londra, carcere famoso per detenere persone a tempo indefinito, anche se queste non hanno commesso crimini.

La prigione di Belmarsh viene definita la versione inglese di Guantanamo, ed è utilizzata per detenere terroristi su indicazione dei servizi segreti britannici. Il semplice fatto che l’intelligence accusi qualcuno di terrorismo, è considerato un giudizio insindacabile, quindi se a Julian Assange viene lanciata questa accusa, nessuno può metterla in discussione.

Nel metodo, il sistema adottato ricorda un po’ quello dell’inquisizione, dunque se l’MI5, che si occupa di al terrorismo e sicurezza interna, stabilisce che una persona rappresenta una minaccia, ciò diventa una verità assoluta per i media minstream.

Questo è quanto sta accadendo ad Assange, ora demonizzato presso l’opinione pubblica inglese, alla quale viene spacciato come un pericoloso criminale. Il metodo utilizzato contro il fondatore di Wilkileaks è lo stesso utilizzato per demonizzare ad esempio Russia e Cina. Una strategia mediatica in grado d’influenzare gran parte della società occidentale, attraverso un lavaggio del cervello gestito dall’apparato propagandistico occidentalista.

Quanto accade a Julian Assange, potrebbe capitare a qualsiasi articolista, cronista, reporter o corrispondente che riveli i crimini perpetrati dall’imperialismo occidentale. Per un giornalista che voglia lavorare tranquillamente, gli unici criminali, veri o presunti, stigmatizzabili sono Kim Jong-un, Assad, Putin, Maduro, Xi Jinping, Khamenei o Rouhani: ma mai una Clinton o un Obama.

Foto @ronpaulinstitute

Qualsiasi autorevole divulgatore osasse accusare di atrocità l’occidente, sa che potrebbe finire a Guantanamo o a Belmarsh, cioè una carcere duro per detenuti “pericolosi”, a tempo indefinito e sottoposto a trattamenti che possono includere la tortura. Ciò che viene fatto ad Assange viola gravemente i Diritti Umani. Il governo britannico, agendo da sicario degli Stati Uniti, intende mettere a tacere definitivamente un giornalista libero, torturandolo e usandolo come deterrente verso la rete Wikileaks e come monito per i giornalisti liberi.

Una pena provvisoria basata su accuse pretestuose

La sua pena “provvisoria” di detenzione per 50 settimane viene giustificata dall’essersi rifugiato nell’ambasciata ecuadoriana, per non farsi estradare in Svezia. Stoccolma, di concerto con Washington, lo accusava di “cattiva condotta” sessuale per il mancato utilizzo del profilattico durante un rapporto consenziente, atto che la Svezia equipara alla violenza sessuale. Se nel 2012 non fosse sfuggito all’estradizione in Svezia, sarebbe stato trasferito negli Stati Uniti, dove dopo un processo farsa, sarebbe stato internato nel Campo di prigionia di Guantánamo.

All’epoca dei fatti, Rafael Correa, ex Presidente dell’Ecuador, venuto a conoscenza di ciò che attendeva Assange, gli concesse asilo diplomatico e cittadinanza per proteggerlo. Decaduto Correa, il neo-presidente Lenin Moreno gli revocò ogni protezione, in cambio di un prestito di 4,2 miliardi di dollari USA, poi erogato dal Fondo Monetario Internazionale.

Julian Assange venne accusato di pirateria informatica e cospirazione contro gli Stati Uniti nel 2010, per aver pubblicato un video da un milione di visualizzazioni, dove si vedeva un elicottero dell’esercito americano, ripreso mentre massacrava civili inermi, oltre a questo, documentava altre atrocità compiute dall’esercito americano.

Nonostante questo video fosse accessibile a tutti, i media mainstream non ebbero il coraggio di divulgarlo. Nei fatti, nessun giornalista di sistema ha il coraggio di smascherare quello stato canaglia con licenza di uccidere che sono gli Stati Uniti d’America. E mentre crimini e massacri quotidiani da parte di Washington continuano, gli USA si limitano a censurare e reprimere ogni denuncia sulle loro atrocità

Ora gli Stati Uniti hanno a loro disposizione Assange per 50 settimane e possono screditarlo e ucciderlo lentamente. Dovesse morire di “morte naturale”, oppure venisse “suicidato” come l’hacker Guccifer, grande accusatore di Hillary Clinton, i sepolcri imbiancati del Congresso USA tirerebbero un sospiro di sollievo e continuerebbero a spacciarsi quali rappresentanti di una “Grande Democrazia”.


L’Hacker Guccifer, al secolo Marcel Lazăr Lehel, con la figlioletta

Riguardo alle condizioni in cui versa Assange, ebbene, non è stato in grado di esprimersi e rispondere all’ultima udienza, tanto che hanno dovuto trasferirlo nell’ospedale del carcere di Belmarsh. Nelle poche immagini riprese durante il suo trasferimento in ospedale, sembra uno zombi. Secondo il tenente colonnello in pensione dell’USAF, Karen Kwiatkowski, il giornalista potrebbe essere stato drogato con farmaci psicotropi, come il 3-quinuclidinil benzilato, un agente chimico di derivazione militare, che produce allucinazioni, confusione mentale e perdita di memoria.

Durante la recente intervista rilasciata alla BBC, l’esperto di torture delle Nazioni Unite, Nils Melzer ha parlato “un’esposizione prolungata a tortura psicologica” denunciando che Assange viene torturato psicologicamente e forse anche fisicamente. Anche l’attivista nord’irlandese e premio nobel per la pace, signora Mairead Corrigan-Maguire, si è detta preoccupata per il fondatore di Wikileaks, e sta sollecitando al governo inglese l’autorizzazione per visitare Assange.

Qualora l’attenzione dell’opinione pubblica occidentale dovesse calare, il giornalista potrebbe scomparire, fino a essere definitivamente dimenticato. Con Julian Assange sarebbe vanificata anche la lotta di tutti i coraggiosi informatori, che hanno utilizzato la sua piattaforma per denunciare le atrocità e i crimini contro l’umanità perpetrati da quello stato canaglia che si chiama Stati Uniti d’America.

Luciano Bonazzi

Fonti: globalresearch.ca oltre ai link esterni inseriti nell’articolo.