#AmericaIsBack #WarCrime #Crisis L’Escalation simultanea in Siria, Armenia e Donbass non è casuale

Siria

Venerdì 26 febbraio, l’ONU ha esortato Russia e Turchia a garantire un “nuovo cessate il fuoco” poiché il rischio di escalation militare in Siria è elevato. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si è riunito per discutere sulla situazione, in seguito alla morte di dozzine di militari turchi. Le Nazioni Unite hanno esortato Russia e Turchia “ad attenersi ai precedenti accordi per garantire un nuovo cessate il fuoco”.

Sorprendentemente, l’ONU sembra ignorare che la Russia si trova in Siria su richiesta del legittimo governo del paese, che fino a prova contraria possiede tuttora un seggio alle Nazioni Unite. Inoltre pare ignorare che Mosca agisce dietro mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per combattere ISIS e Al-Qaeda. Mentre da parte sua, l’Esercito turco si trova nel nord-ovest della Siria, per aggredire la popolazione siriana di etnia curda, che accusa di connivenze con il PKK curdo in Turchia.

Donbass

Intanto proseguono i bombardamenti ucraini sui centri abitati del Donbass, l’area di resistenza al regime nazista ucraino, a maggioranza etnica russa. La scorsa settimana, l’Esercito ucraino ha violato il cessate il fuoco 38 volte, il vice Capo di Stato Maggiore della Repubblica Popolare Eduard Basurin ha dichiarato: “I combattenti ucraini hanno violato le misure aggiuntive di rinforzo al cessate il fuoco, per 38 volte nell’ultima settimana, utilizzando mortai da 120 mm, 82 mm e 60 mm, lanciagranate, IFV e armi leggere”. Il nemico ha preso di mira le periferie di Gorlovka, Yasinovataya, Donetsk ed Elenovka, nonché le aree in prima linea del distretto di Novoazovsk.

Il reporter di guerra Vittorio Nicola Rangeloni, ha dichiarato che i militari e le milizie pro UE-NATO, hanno impiegato, anche, munizioni di produzione serba. Durante l’attacco alla popolazione dell’insediamento di Elenovka, i soldati ucraini hanno impiegato mortai da 60mm e munizioni di tipo M73 HE, prodotte nella fabbrica “Krusik” in Serbia.

Diverse le abitazioni colpite, ma fortunatamente non si registrano vittime tra i civili. Quale giornalista di lungo corso in questo fronte, Rangeloni ha evidenziato il fatto che la Serbia ha negato ripetutamente di vendere di armi al regime di Kiev. Tuttavia egli non esclude che tali munizioni siano giunte in Ucraina da paesi terzi tramite triangolazioni. Risulta inoltre che gli USA, principali sostenitori del regime neo-nazista di Kiev, in passato abbiano acquistato questo tipo di bombe di mortaio.

Altri attacchi contro la popolazione civile e pesanti scontri, si sono registrati anche a nord di Donetsk, capitale della Repubblica Popolare e nella città martire di Gorlovka, dove nei giorni scorsi almeno 7 uomini della resistenza popolare sono stati uccisi dai militari ucraini. Siamo di fronte a un’escalation militare Ucraino-Statunitense, in aperta violazione dei Trattati di Minsk per il cessate il fuoco: un segno del nuovo corso della Casa Bianca.

Armenia

La situazione politica in Armenia sta peggiorando e sono in atto nuove proteste. Ufficialmente le tensioni politiche sono dovute alla sconfitta dell’Armenia nella recente guerra contro l’Azerbaigian e alla conseguente cessione di parte del territorio del Nagorno Karabakh a favore di Baku. L’Esercito chiede a gran voce le dimissioni del primo ministro Nikol Pashinyan, ritenuto responsabile della sconfitta militare. Durante la notte di sabato 2 febbraio, migliaia di persone sono scese in strada a Yerevan, per chiedere le dimissioni del premier, portando la protesta fin davanti all’Assemblea nazionale. Per calmare gli animi, Armen Sarkissian, presidente della Repubblica d’Armenia, ha negato di aver apposto la sua firma su un atto del premier Pashinyan, che intendeva licenziare il capo di stato maggiore dell’esercito.

Anche la polizia armena ha chiesto a gran voce le dimissioni del primo ministro, accusato di aver firmato il famigerato accordo di pace con l’Azerbaigian mediato dalla Russia. Quello che il popolo armeno non sembra comprendere, è che grazie a quella firma, apposta da Pashinyan dopo sei settimane di combattimenti e cocenti sconfitte, hanno evitato di farsi addirittura travolgere e conquistare dagli Azeri. Lo spirito patriottico del popolo armeno, non riesce a farsi una ragione del fatto che ,salvo alcuni armamenti, sostanzialmente la loro forza militare e rimasta ferma a trent’anni fa, mentre l’Azerbaigian possiede un esercito moderno.

Nella stessa giornata del 27 febbraio, le manifestazioni organizzate dall’opposizione contro il premier armeno hanno sommerso la capitale, Yerevan. Vedendo l’aggravarsi della situazione, il premier Pashinian dichiarava che era in atto un colpo di stato. Quella dichiarazione aveva spinto 20.000 suoi sostenitori a raggiungere Yerevan, contrapponendosi ai 10.000 manifestanti dell’opposizione, che avevano eretto barricate, e bloccate le strade intorno al Parlamento, promettevano di non andarsene se il Primo Ministro non rassegnava le dimissioni. All’interno del “palazzo”, intanto proseguiva il braccio di ferro tra il primo ministro Nikol Pashinyan, il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito e il Presidente della Repubblica. Il premier infatti insisteva nella sua pericolosa richiesta: “Invio nuovamente la richiesta di dimissione del Capo di Stato Maggiore al Presidente della Repubblica, sperando che venga firmata secondo la procedura stabilita”.

La crisi armena è una delle tipiche situazioni che abbiamo già visto troppe volte durante le amministrazioni americane di Bill Clinton, George W. Bush e Barack Hussein Obama. Come si evince dalla cartina, l’Armenia è un paese legato politicamente alla Russia, ma isolato, vulnerabile e circondato dalla NATO. Una qualsiasi nazione lacerata da divisioni interne, dove basterebbe un piccolo “aiutino” per far scoppiare una Rivoluzione Arcobaleno o una Primavera Araba è il terreno ideale per l’imperialismo USA. In questi anni lo abbiamo visto tante volte, prima si lanciano accuse infondate di crimini e atrocità o di aver utilizzato armi chimiche, magari il Noviciok, ovviamente russo. Poi basta inviare cecchini della CIA sui tetti a sparare sugli inermi manifestanti come accadde in Piazza Maidan o Euromaidan, e il resto viene da se: ‘America Is Back’, è il New Deal USA bellezza!

Luciano Bonazzi

Fonti: news.un.org, telesurtv.net, dan-news

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