I 4006 palestinesi di cui gli europei non hanno mai sentito parlare di Bassam Tawil

Dal Gatestone Institute, riceviamo il seguente articolo di Bassam Tawil, che Orizzonti Geopolitici pubblica, come da consuetudine democratica, pur non condividendone appieno i contenuti. Pezzo originale in lingua inglese,The 4,006 Palestinians the Europeans Have Not Heard Of. Traduzioni di Angelita La Spada, adattamenti a cura della Redazione.

 

  • I palestinesi detenuti nelle carceri siriane probabilmente non si curano troppo se una bottiglia di vino prodotta da ebrei sia contrassegnata dagli europei.
  • Gli europei, tuttavia, che non smettono mai di moraleggiare sul resto del mondo, hanno una visione diversa: sembrano ritenere che i beni prodotti negli insediamenti ebraici siano più pericolosi delle misure brutali e repressive prese dalle autorità siriane contro i palestinesi.
  • L’Autorità Palestinese e il suo presidente, Mahmoud Abbas, nel frattempo, sono troppo occupati a dare la caccia agli oppositori su Facebook per prestare la minima attenzione ai palestinesi in Siria.
  • Dal loro punto di vista, è molto meglio che la comunità internazionale trascorra il proprio tempo a vomitare odio contro Israele e contro gli ebrei; dopo tutto, per lo meno, questo aiuta i palestinesi nel loro reale progetto di delegittimare e distruggere l’unico Stato libero e democratico della regione.

Mentre tutti gli occhi sono puntati sulle ultime tensioni nella Striscia di Gaza, dove i gruppi terroristici palestinesi lanciano missili contro Israele in rappresaglia per l’uccisione del comandante della Jihad islamica Bahaa Abu al-Ata, è salito a 4006 il numero dei palestinesi uccisi in Siria dall’inizio della guerra civile nel 2011. Tuttavia, la sorte dei palestinesi in Siria non preoccupa i leader palestinesi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, che continuano a essere ossessionati dall’idea di distruggere Israele. La comunità internazionale, le Nazioni Unite e le organizzazioni per i diritti umani non sono chiaramente interessate alle sofferenze dei palestinesi in Siria – o in qualsiasi altro Paese arabo.

Il disinteresse della comunità internazionale e delle Nazioni Unite nei confronti dei 4006 palestinesi ammazzati in Siria si spiega in un solo modo: questi palestinesi non sono stati uccisi da Israele. Gli europei pensano di avere tutto il tempo che vogliono per preoccuparsi dell’origine geografica di certi prodotti alimentari israeliani, ma non hanno il tempo per esprimere preoccupazione per la morte brutale di più di 500 palestinesi all’anno in Siria, negli ultimi sette anni. Questa settimana, invece di prendere atto del crescente bilancio di vittime palestinesi in Siria, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) ha stabilito che gli Stati membri devono obbligare i rivenditori a identificare i prodotti alimentari provenienti dagli insediamenti ebraici israeliani apponendo un’etichetta speciale con l’indicazione del loro territorio d’origine.

La decisione della Corte europea non aiuta in alcun modo i palestinesi in Siria. A questi ultimi non importa se gli europei etichettano o meno i prodotti degli insediamenti israeliani. Ciò che a loro interessa è rimanere in vita – apprezzerebbero molto che i cittadini europei li aiutassero a conseguire quest’obiettivo, anziché dibattere sul confezionamento e sull’imballaggio dei prodotti. Che cosa fa, ad esempio, la sentenza della CGUE per evidenziare il caso dei tre palestinesi che nell’ottobre scorso sono stati torturati a morte mentre erano detenuti in una prigione del governo siriano? I tre, identificati come Said Mustafa Amarin, Ziad Lutfi Amarin e Fadi Fuad Al-Sotari, erano stati arrestati dalle autorità siriane diversi anni fa. La loro morte porta a 611 il numero dei palestinesi uccisi a seguito di torture subite nelle carceri siriane negli ultimi otto anni.

Secondo il Gruppo d’azione per i palestinesi in Siria, altri otto palestinesi sono stati uccisi a ottobre in Siria in vari episodi di violenza. Queste vittime probabilmente non sapevano nulla della decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea di etichettare i prodotti alimentari provenienti dagli insediamenti ebraici israeliani, ma quei decessi avrebbero potuto essere evitati se gli europei avessero rivolto una parte della loro attenzione alle atrocità perpetrate dal regime siriano contro i palestinesi, anziché cercare di bloccare i prodotti solo perché realizzati da ebrei che vivono in pace nelle loro comunità in Cisgiordania. Gli europei, tuttavia, hanno dimostrato che gli unici palestinesi a cui tengono sono quelli che risiedono in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, e le cui “sofferenze” potrebbero in qualche modo essere imputate a Israele.

La CGUE avrebbe reso ai palestinesi un servizio più grande, se avesse stabilito che le autorità siriane dovrebbero rivelare dove si trovavano i 329 palestinesi scomparsi in Siria negli ultimi anni. La Corte avrebbe anche offerto ai palestinesi un servizio migliore, se avesse statuito che le autorità siriane dovrebbero rimettere in libertà 1.768 palestinesi che da anni languiscono nelle prigioni siriane. I palestinesi detenuti nelle carceri siriane probabilmente non si curano troppo se una bottiglia di vino prodotta da ebrei sia contrassegnata dagli europei. Gli europei, tuttavia, che non smettono mai di moraleggiare sul resto del mondo, hanno una visione diversa: sembrano ritenere che i beni prodotti negli insediamenti ebraici siano più pericolosi delle misure brutali e repressive prese dalle autorità siriane contro i palestinesi.

Anche ai leader palestinesi sembra non importare niente della sofferenza della loro popolazione in Siria. Mentre il bilancio delle vittime supera i 4 mila morti, i dirigenti dell’Autorità Palestinese e di Hamas battibeccano ancora sulla necessità di indire nuove elezioni presidenziali e legislative attese da tempo. Le due parti litigano da più di dieci anni e l’unica cosa sui cui sembrano concordare è l’obiettivo di ridurre i loro oppositori arabi al silenzio. Per i leader palestinesi, i 4 mila palestinesi morti per mano dei macellai siriani sono, a quanto pare, un dettaglio irrilevante. Hamas e i suoi alleati della Jihad islamica sono determinati a continuare la lotta contro Israele, indipendentemente dal prezzo che i palestinesi della Striscia di Gaza devono pagare. L’Autorità Palestinese e il suo presidente Mahmoud Abbas, nel frattempo, sono troppo occupati a dare la caccia agli oppositori su Facebook per prestare la minima attenzione ai palestinesi in Siria.

Tra due mesi, Abbas compirà 85 anni. Il presidente dell’AP sembra determinato a rimanere al potere fino al suo ultimo respiro. La scorsa settimana, i responsabili di Fatah hanno dichiarato pubblicamente che Abbas sarà il loro unico candidato alle elezioni presidenziali, se e quando mai avranno luogo. Un annuncio del genere non avrebbe potuto essere dato senza l’approvazione di Abbas. Quest’ultimo, in altre parole, è troppo occupato a mantenere il potere per notare che la propria popolazione, in particolar modo coloro che risiedono in Siria e nella Striscia di Gaza, passa le proprie giornate a guardare le canne dei mitra puntati contro di loro dai fratelli arabi.

L’ossessione chiaramente antisemita degli europei di contrastare il commercio di prodotti provenienti dagli insediamenti ebraici – ma nessuno in Europa si preoccupa di etichettare i prodotti provenienti dalla Cina, nonostante quest’ultima occupi il Tibet – anziché salvare la vita dei palestinesi deve entusiasmare Abbas e Hamas. Per il presidente dell’AP e per Hamas, come mai non è affatto imbarazzante quando gli arabi ammazzano i palestinesi? Dal loro punto di vista, è molto meglio che la comunità internazionale trascorra il proprio tempo a vomitare odio contro Israele e contro gli ebrei; dopo tutto, per lo meno, questo aiuta i palestinesi nel loro reale progetto di delegittimare e distruggere l’unico Stato libero e democratico della regione.


Bassam Tawil è un giornalista musulmano che vive e lavora in Medio Oriente.