#Istanbul: Le connessioni geopolitiche del caso #Khashoggi

Il clamore mediatico sulla scomparsa del giornalista saudita Jamal Khashoggi non accenna a calare. Nonostante l’intoccabilità della famiglia Al Sa’ud, il mainstream continua a parlarne, contrariamente a quanto evidentemente auspicato da mandanti ed esecutori. Le registrazioni audio e video disponibili su vari siti, non lasciano dubbi sul trattamento atroce inflitto a Khashoggi dai suoi carnefici.

Sembra addirittura che il presidente Donald Trump, fosse a conoscenza del progetto di rapimento ed eliminazione di Khashoggi, è che stia cercando di ritardare lo scoppio dello scandalo. Ovviamente, trattandosi di Trump, abitualmente sottoposto a costanti aggressioni mediatiche, non mettiamo la mano sul fuoco circa un suo coinvolgimento esterno.

Secondo quanto è fin qui trapelato, i sicari di Riad hanno atteso che Khashoggi si trovasse all’interno del consolato saudita di Istanbul, che di fatto è territorio saudita, qui lo hanno sopraffatto, torturato e dopo averlo ucciso lo hanno smembrato, si dice con una sega. Probabilmente nessuno avrebbe saputo nulla, se non fosse per il fatto che lo “squadrone della morte” ha inviato il filmato dell’interrogatorio e dell’esecuzione al mandante, quale prova del proprio operato.

L’errore quasi dilettantesco dei Sa’ud, è di non aver tenuto conto che le missioni diplomatiche vengono sistematicamente spiate dai servizi segreti e dall’NSA. Ed è questa la nota dolente, perché chiaramente, Erdogan e Trump stanno quindi cercando una via d’uscita per il principe Mohammed bin Salman. Al primo posto degli interessi di Washington, vi è ovviamente il contratto per la vendita di armi ai sauditi: una commessa che vale 110 miliardi di dollari l’anno.
Secondo indiscrezioni, Trump starebbe nel contempo valutando la possibilità di sfruttare il Caso Khashoggiconfiscando il denaro dell’Arabia Saudita e congelandone i beni dello Stato oltre a quelli personali degli emiri depositati nelle banche degli Stati Uniti. I beni in questione ammontano alla cifra colossale di $ 9 trilioni (cioè 9 miliardi di miliardi di dollari!), in titoli del Tesoro degli Stati Uniti che il governo saudita è stato costretto a comprare dagli americani. Bisogna considerare che Trump ha ereditato dall’allegra gestione Obama, un debito di oltre 21 trilioni di dollari, quindi la tentazione di abbassarlo di un terzo, potrebbe essere particolarmente allettante.

La mancata protezione statunitense

Tornando al povero Khashoggi, sembra chiaro che ha mal riposto la sua fiducia nella protezione americana. Da parte sua, il presidente turco Recep Erdoğan, ha approfittato della situazione per sbarazzarsi di Andrew Brunson, il pastore evangelista e agente della CIA che ha spiato per 20 anni il governo di Ankara. Superato quel problema, attualmente Erdogan sta negoziando con Trump e Kushner una via d’uscita per Mohammed bin Salman. Ma Trump non si accontenta e ha chiesto tramite il Segretario di Stato Mike Pompeo il rilascio di tutti gli agenti americani incarcerati in Turchia.

Oltre alla revoca delle sanzioni dopo la liberazione del pastore Andrew Brunson, Erdogan sta cercando di ottenere il permesso di Trump per l’invio di truppe in Kuwait. Lo scopo dei turchi sarebbe quello di proteggere il piccolo paese del Golfo dall’appetito dei sauditi, dopo che Mohammed bin Salman ha visitato Kuwait City per cercare di convincere l’Emiro di quel paese a sfruttare congiuntamente un giacimento petrolifero che si trova sul confine.

I kuwaitiani conoscono le mire di Riad sul loro paese e temono un’invasione in stile Saddam Hussein. Alcune settimane fa il Kuwait ha firmato otto accordi di cooperazione con la Cina, sperando in un “protettore” di peso contro gli appetiti dei Sa’ud, ma anche di Trump e Kushner. Tuttavia la protezione cinese da sola non basta, quindi il Kuwait vorrebbe fare come il Qatar. Quello stato, quando venne minacciato d’invasione dai sauditi con l’assenso segreto della Casa Bianca, è stato salvato dalla presenza simbolica di 5000 militari turchi.

Ricapitoliamo

Trump ed Erdogan stanno cercando una via d’uscita per Mohammed bin Salman, che potrebbe essere quella di scaricare la colpa dell’omicidio Khashoggi, sui soli membri della “squadra della morte”, catturandoli e giustiziandoli. Da parte sua, anche Londra possiede l’audio delle torture e potrebbe esprimere la sua “indignazione”, a meno che non le venga corrisposta una parte di benefit per qualche miliardo di dollari. Ma il grosso problema sono i russi, perché anche loro hanno le registrazioni del delitto Khashoggi, cosa che, finanziariamente parlando, potrebbe mettere in ginocchio il Regno Saudita.

Questo è dunque il quadro delle tante implicazioni conseguenti alla morte brutale di un giornalista inviso alla famiglia Al Sa’ud. La conseguenza per le finanze dell’Arabia Saudita saranno catastrofiche, già oggi il paese vive alla giornata con i proventi della vendita quotidiana di 13 milioni di barili al giorno. Con i 9 trilioni di $ sauditi congelati negli Stati Uniti, il loro destino è nelle mani di Trump… col pretesto dell’omicidio di un giornalista coraggioso.

Luciano Bonazzi

Fonti: i link esterni nel testo e reseauinternational.net