#SpaceExploration L’attuale presenza terreste nell’universo

Humanity’s most distant spacecraft and their paths out of the solar system, away from Earth.  (Image credit: NASA/Johns Hopkins APL/Southwest Research Institute)

 

Da circa 50 anni, a partire dal lancio del Pioneer 10 nel 1972, sono cinque i veicoli spaziali terrestri che hanno raggiunto i confini del nostro sistema solare: Pioneer 10, Pioneer 11, Voyager 1 , Voyager 2 e New Horizons. Miracolosamente, tutte cinque le sonde sono sopravvissute oltre quanto previsto e restano quasi tutte operative. Queste navicelle erano state inizialmente progettate per esplorare alcuni dei nostri pianeti, dopo questa parte della missione gli scienziati decisero di lasciarle “andare” oltre. Ebbene, superando varie difficoltà hanno proseguito uscendo dal sistema solare, tracciando nuove preziosissime rotte, che stanno ancora fornendo agli astronomi, immagini uniche dello spazio ignoto.

Le missioni Voyager 1 e 2 nel 2022 hanno celebrato il loro 45° anniversario di attività. Le due sonde spaziali, grazie all’esplorazione ravvicinata di vari pianeti del nostro sistema solare, ci hanno fornito nuove conoscenze astronomiche. Come detto, portato a termine il loro progetto principale, da allora sono state dedicate a esplorare laddove termina l’influenza del nostro Sole e iniziano le influenze di altre stelle. La Voyager 1 ad esempio, nel 2012 ha attraversato l’eliopausa, cioè la superficie di separazione tra vento solare e plasma interstellare che costituirebbe il confine dell’eliosfera, il punto oltre il quale cessa l’influenza delle particelle solari, lo stesso raggiunto poi dalla Voyager 2 nel 2018. La scienziata Linda Spilker, che partecipa al progetto Voyager ha dichiarato: “La Voyager 1 è nello spazio interstellare da un decennio… e va ancora, va ancora forte”.

Tuttavia, quest’anno si è verificato un problema, non il primo in cinquant’anni. A un certo punto la Voyager 1 ha iniziato a inviare informazioni confuse. Fortunatamente gli ingegneri hanno individuato la causa nel malfunzionamento di un hardware del computer. Considerato il livello antiquato del sistema informatico, nato agli albori dell’epoca digitale in un mondo analogico, il team della missione è riuscito fortunatamente a ripristinare il sistema. Questo tipo di incidenti sono prevedibili perché il veicolo spaziale “invecchia”. Ad esempio, il team continua da anni a intervenire attivamente sull’alimentazione di ogni veicolo spaziale. Infatti l’energia prodotta da generatori radioattivi diminuisce ogni anno, rendendo le sonde sempre meno efficienti. In un caso, gli scienziati hanno dovuto spegnere i riscaldatori di certo numero di strumenti di bordo, lasciandoli esposti al gelo dello spazio siderale. Era un azzardo, ma con grande sorpresa di tutti, gli strumenti hanno ripreso a funzionare perfettamente.

Pioneers 10 e 11

I veicoli spaziali Pioneer occupano un posto speciale nella storia dello spazio, poiché come suggerisce il loro nome, hanno il ruolo di pionieri. Sfortunatamente, queste due pietre miliari di veicoli spaziali di 50 anni non sono più in funzione. Il Pioneer 10 ha smesso di comunicare nel 2003 e il Pioneer 11 tace dal 1995. Tuttavia entrambi questi veicoli spaziali simboleggiano una presenza dell’uomo nel sistema solare, e stanno proseguendo il loro viaggio alla deriva. Il loro futuro è un’incognita, poiché quando a un veicolo spaziale è stata impostata una traiettoria iniziale, se non impatterà contro qualcosa, stando alle leggi della fisica proseguirà la sua corsa nell’Universo.

New Horizons

Questa è la più giovane e innovativa sonda in questo tipo di missioni rivoluzionarie. Lanciata nel 2006, nel 2015, tra grandi clamori ha sorvolato l’allora pianeta Plutone, oggi inopinatamente declassato a nano. Successivamente New Horizons ha lasciato il sistema solare a velocità record ed è destinata a raggiungere l’eliopausa nel 2040. Dopo Plutone, nel 2019 ha sorvolato l’oggetto più piccolo della Fascia di Kuiper, l’asteroide binario Arrokoth. All’inizio del 2022 New Horizons è stata messa in modalità di “ibernazione” prima di proseguire per la seconda missione. Quindi il 1 marzo 2023 uscirà dal letargo per proseguire l’esplorazione della fascia di Kuiper. In futuro, il team della missione si prepara infatti a nuove osservazioni, grazie agli strumenti all’avanguardia di New Horizons, ben più avanzati di quelli dei Voyager degli anni ’70.

La sonda sarà quindi utilizzata quale potente osservatorio esterno del sistema solare, fornendoci di esso un punto di vista diverso da quello visibile dalla Terra. Nella fascia di Kuiper, New Horizons potrà osservare gli oggetti ghiacciati ivi contenuti e grazie alle sue attrezzature sarà in grado di fornire agli astronomi nuove informazioni. Ad esempio, la nuova sonda è in grado di rilevare quanto siano ruvide le superfici degli oggetti, in base al modo nel quale la luce si disperde e crea ombre su di essi. Leslie Young, scienziato planetario del team del Southwest Research Institute in Colorado, vorrebbe invece far rientrare la navicella nel Sistema Solare. Secondo Young New Horizons potrebbe essere impiegata per avere ulteriori informazioni sui pianeti giganti Urano e Nettuno.

Infatti anche altri scienziati planetari sono ansiosi di ottenere ulteriori informazioni su questi pianeti, soprattutto perché la NASA sta pianificando una nuova missione per visitare Urano. Nell’attesa di decidere quale sarà la prossima missione planetaria di New Horizons, il veicolo spaziale ci fornirà misurazioni dei raggi cosmici nello spazio e sull’influenza del sole. Si tenga conto che secondo gli scienziati, la nuova sonda ha abbastanza potenza per durare fino a oltre il 2040, spostandosi di 480 milioni di chilometri l’anno, in quadranti inesplorati. In ogni caso, i tre vetusti Voyager tuttora funzionanti, continuano il loro viaggio extraplanetario in direzioni separate, consentendo agli astronomi di scoprire e mappare nuovi settori.

 

Col. Luciano Bonazzi

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