L’intreccio devastante Covid-Crisi, mina imprese e famiglie: i dati choc dell’Istat

In fila davanti a un ente caritatevole WhatsApp-Image-2020-05-28

Nella sua ultima analisi sempre più simile a un bollettino di guerra, l’Istat registra ulteriori dati avvilenti che tracciano nitidamente i contorni della forbice che demarca la netta separazione tra le masse proletarie e quelle privilegiate. Se in Italia esistesse ancora una sinistra, questa saprebbe reagire adeguatamente, purtroppo l’unica forza schierata dalla parte del proletariato è il Partito Comunista di Marco Rizzo, ma con il suo 0,86% può fare poco. Qualcosa potrebbe fare l’accozzaglia se-dicente di “sinistra”, la quale persegue unicamente gli interessi di mercati, finanza e organizzazioni massonico economiche come ad esempio l’Unione Europea e non quelli del proletariato. In pratica viviamo il paradosso di una destra, che nella sua visione ideologica sociale, in un qualche modo fornisce risposte, che allontanano inevitabilmente il proletariato da una pseudo-sinistra caviar e arcobalenista.

Dall’impietosa analisi ISTAT, risulta che il reddito medio delle famiglie ha subito una ulteriore erosione dell’1,8% rispetto al dato precedente, con un calo sui consumi finali del 2,5%. L’attesa di “tempi migliori” ha determinato un incremento dei risparmi pari al 15,2%. Dunque gli strati della popolazione che certi intellettuali se-dicenti di sinistra etichettano come “classi subalterne”, mettono le mani avanti accantonando i loro soldi a fini precauzionali. Quest umile risparmio, fatto di pochi spiccioli, ma rilevante se spalmato su milioni di cittadini, sottrae però risorse alla spesa sui consumi, mettendo il difficoltà l’approvvigionamento commerciale, che per non farle deperire vende le merci sottocosto innescando la deflazione.

Ancora l’Istat, ha osservato che la pressione fiscale è aumentata, con la sola tassazione diretta che ha raggiunto il 52%. Di pari passo il Prodotto Interno Lordo dell’era Covid ha segnato un meno 8,9%. Le organizzazioni dei consumatori parlano ormai di: “Dati disastrosi. Effetto lockdown. Tunnel della crisi”. Queste associazioni guardano ai numeri dell’Istat con inquietudine, a fronte dell’assenza di una programmazione che indichi le soluzioni a questa tendenza depressiva. Il forte impoverimento delle famiglie, le cellule della società che alcuni vorrebbero seppellire, vede il 30% circa dei nuclei affrontare difficoltà nel pagamento di rate, prestiti e il 40% delle famiglie fatica a pagare l’affitto.

L’effetto della pandemia ha spazzato 259 mila “autonomi”, che non sono imprenditori capitalisti ma lavoratori atipici, spesso spinti dai datori ad aprire una partita IVA. Questi di fatto svolgono una normale mansione, ma senza gli ammortizzatori e le tutele previste dal lavoro dipendente. La demolizione dei lavoratori autonomi, ha polverizzato oltre 34 miliardi di euro nel comparto della ristorazione e 14 miliardi in quello turistico: una devastazione che non si fronteggia con palliativi “petalosi”.

In sintesi, la pandemia è stata affrontata senza qualcosa di simile ai famosi piani quinquennali sovietici. Senza alcuna programmazione si sono chiuse le attività economiche, trasformando il Paese in un grande lazzaretto. Gli aiuti economici erano e restano soldi buttati al vento, scarsi e inadeguati. La nostra sanità indebolita era e resta nel caos, demolita da decisioni che coinvolgono i governi di “sinistra” e quello tecnico a essa collegato, per compiacere i contabili di Bruxelles. A dimostrare chi siano i responsabili diretti dello scempio sanitario italiano, è l’analisi autorevole della Fondazione GIMBE di Bologna.

 

Ora, a causa di tutte queste difficoltà, il deep state ha fatto nascere il nuovo governo presieduto da Mario Draghi, in pratica ci hanno messi nelle mani di un banchiere, nella speranza che questi faccia i nostri interessi e non quelli del padronato finanziario globale. Quello che l’Istat indica chiaramente, è il fatto che se il popolo vuole restituita la propria dignità e rappresentatività, dovrebbe saper leggere i dati economici. Un tempo, quando esisteva esistevano ancora una coscienza di classe e una sinistra, anche i cittadini a bassa scolarizzazione sapevano leggere la propria busta paga, studiavano economia alla Scuola di Partito e sapevano distinguere la differenza tra il proprio interesse e non quello dei padroni: oggi non più!

Luciano Bonazzi