La Palestina è uno Stato? di Alan M. Dershowitz

Dal Gatestone Institute, ospitiamo a oltre un anno dall’ultimo, il seguente articolo di Alan M. Dershowitz, che Orizzonti Geopolitici pubblica, come da consuetudine democratica, pur non condividendone appieno i contenuti. Pezzo originale in lingua inglese, Is Palestine a State?, Traduzioni di Angelita La Spada, adattamenti a cura della Redazione. Nell’immagine è rappresentato l’intero territorio della Palestina, la cui maggior parte si trova oggi nel Regno di Giordania. I palestinesi hanno rinunciato a rivendicare la parte raffigurata in giallo e rivendicano unicamente quella in bianco, coincidente con l’attuale Stato di Israele. soundcloud.com

 

  • La Corte Penale Internazionale (CPI) altamente politicizzata ha appena dichiarato di riconoscere la Palestina come Stato. Lo ha fatto senza alcun negoziato con Israele, senza alcun compromesso e senza confini riconosciuti. Lo ha anche fatto senza alcuna autorità giuridica, perché lo Statuto di Roma, istitutivo della Corte Penale Internazionale, non prevede che questa corte penale riconosca nuovi Stati.
  • La CPI non è un vero tribunale in qualsiasi modo si intenda questo termine. A differenza dei tribunali reali, che hanno statuti e un diritto consuetudinario da interpretare, la Corte Penale Internazionale prende decisioni. Come il giudice dissenziente ha così giustamente rilevato, la decisione sulla Palestina non è basata sulla legge esistente. Si basa sulla politica pura.
  • I palestinesi – sia in Cisgiordania sia a Gaza – che si sono rifiutati di negoziare in buona fede e hanno utilizzato il terrorismo come loro principale pretesa di riconoscimento, sono stati ricompensati da questa decisione per la loro violenza.
  • Le vere vittime di un procedimento così selettivo sono i cittadini di questi Paesi del Terzo mondo i cui leader li stanno uccidendo e mutilando.
  • In definitiva, la decisione della CPI sulla Palestina è una battuta d’arresto per un unico standard dei diritti umani. È una vittoria per il terrorismo e una riluttanza a negoziare la pace. Ed è un valido argomento a sfavore dell’adesione di Stati Uniti e Israele a questo “tribunale” di parte e che gli conferisce qualsiasi legittimità.
La Corte Penale Internazionale (CPI) altamente politicizzata non è vero tribunale in qualsiasi modo si intenda questo termine. A differenza dei tribunali reali, che hanno statuti e un diritto consuetudinario da interpretare, la Corte Penale Internazionale prende decisioni. Fatou Bensouda, procuratore capo della CPI, tiene una conferenza stampa, il 3 maggio 2018, a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo. (Foto di John Wessels / AFP tramite Getty Images)

La Corte Penale Internazionale altamente politicizzata ha appena dichiarato di riconoscere la Palestina come Stato. Lo ha fatto senza alcun negoziato con Israele, senza alcun compromesso e senza confini riconosciuti. Lo ha anche fatto senza alcuna autorità giuridica, perché lo Statuto di Roma, istitutivo della Corte Penale Internazionale, non prevede che questa corte penale riconosca nuovi Stati. Inoltre, né Israele né gli Stati Uniti hanno ratificato quel trattato, pertanto, le decisioni della CPI non sono vincolanti per loro. Né questa decisione divergente è vincolante per i firmatari, poiché eccede l’autorità del sedicente tribunale. Lo definisco “sedicente” tribunale, perché la Corte Penale Internazionale non è un vero tribunale in qualsiasi modo si intenda questo termine.

A differenza dei tribunali reali, che hanno statuti e un diritto consuetudinario da interpretare, la Corte Penale Internazionale prende decisioni. Come il giudice dissenziente ha così giustamente rilevato, la decisione sulla Palestina non è basata sulla legge esistente. Si basa sulla politica pura. E la politica della decisione della maggiorana si basa a sua volta sull’applicazione di due pesi e due misure nei confronti di Israele, come fanno da tempo la Corte di Giustizia Internazionale e altri organismi internazionali. Ci sono anche numerosi altri gruppi, come i curdi, i ceceni e i tibetani, che rivendicano un certo grado di indipendenza.

Tuttavia, né la Corte Penale Internazionale né altre organizzazioni internazionali hanno mai dato loro qualche speranza. Ma i palestinesi – sia in Cisgiordania sia a Gaza – che si sono rifiutati di negoziare in buona fede e hanno utilizzato il terrorismo come loro principale pretesa di riconoscimento, sono stati ricompensati da questa decisione per la loro violenza. Israele, che ha offerto ai palestinesi in diverse occasioni la statualità in cambio della pace, è stato punito per la sua disponibilità a negoziare e per la sua determinazione a proteggere i propri cittadini dal terrorismo palestinese. Nel mondo si commettono così tanti gravi crimini di guerra e altre violazioni delle leggi umanitarie che la CPI ignora deliberatamente.

Il procuratore capo della Corte Penale Internazionale ritiene che uno dei suoi ruoli sia quello di distogliere l’attenzione dai Paesi del Terzo mondo, dove vengono commessi molti di questi crimini, e di dirigerla verso le democrazie occidentali. Chi meglio di Israele potrebbe essere un obiettivo di questa forma perversa di “azione affermativa della pubblica accusa”. Scrivo “perversa” perché le vere vittime di un procedimento così selettivo sono i cittadini di questi Paesi del Terzo mondo i cui leader li stanno uccidendo e mutilando. Israele, d’altra parte, ha raggiunto i migliori risultati in materia di diritti umani, Stato di diritto e attenzione per i civili nemici rispetto a qualsiasi nazione che deve far fronte a minacce simili.

Secondo l’esperto militare britannico Richard Kemp, “nessun altro Paese nella storia della guerra ha fatto di più per evitare vittime civili di quanto abbia fatto Israele nell’ Operazione ‘Piombo fuso'”. La Corte Suprema israeliana ha imposto enormi restrizioni al proprio esercito e ha offerto rimedi significativi per gli atti criminali commessi da singoli soldati israeliani. Il ruolo della CPI, secondo il trattato, è quello di intromettersi nella sovranità delle nazioni solo se tali nazioni non sono in grado di amministrare la giustizia. Il principio di “complementarità” è concepito per consentire ai tribunali delle nazioni democratiche, come Israele, di affrontare i propri problemi nell’ambito dello Stato di diritto. Solo se la magistratura non riuscirà ad affrontare tali problemi, la CPI avrà giurisdizione, perfino nei casi che coinvolgono le parti del trattato, ed Israele non lo è.

Gli Stati Uniti dovrebbero respingere la decisione della Corte Penale Internazionale non solo perché è ingiusta nei confronti del suo alleato Israele, ma anche perché stabilisce un pericoloso precedente che potrebbe essere applicato contro gli Stati Uniti e altre nazioni che agiscono conformemente allo Stato di diritto. Israele dovrebbe contestare la decisione, ma dovrebbe cooperare a qualsiasi indagine, perché la verità è la sua migliore difesa. Se un’indagine condotta dalla Corte Penale Internazionale possa produrre la verità è discutibile, ma le prove – compresi i video e gli audio in tempo reale – renderanno più difficile per gli investigatori della CPI distorcere la realtà. In definitiva, la decisione della CPI sulla Palestina è una battuta d’arresto per un unico standard dei diritti umani.

È una vittoria per il terrorismo e una riluttanza a negoziare la pace. Ed è un valido argomento a sfavore dell’adesione di Stati Uniti e Israele a questo “tribunale” di parte e che gli conferisce qualsiasi legittimità.

Alan M. Dershowitz è Felix Frankfurter Professor of Law Emeritus alla Harvard Law School e autore di
“The Case against the Democratic House Impeaching Trump” e di “Guilt by Accusation”.
È Jack Roth Charitable Foundation Fellow al Gatestone Institute.

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