Rupe Arcoveggio di Open Group: un Varco aperto nella Pandemia

Rupe Arcoveggio: un Varco aperto nella pandemia

di Luciano Bonazzi

Oggi, per raccontare i servizi di Open Group, l’unico modo è andare a conoscere alcuni dei suoi protagonisti. Così noi della redazione di HOPS! abbiamo intervistato Paola De Giorgieducatrice, chiedendole di parlarci del suo lavoro in cooperativa. Non l’abbiamo però potuta incontrare di persona: ci siamo “conosciuti” su Skype. Paola lavora in Open Group dal 2008 e ogni giorno affronta le criticità legate alla dipendenza da alcolici e sostanze. In precedenza, si era impegnata nel progetto Rupe Integrat di Sasso Marconi, per l’individuazione e la gestione di soluzioni abitative per persone fragili.

Ciao Paola, dove svolgete l’attività tu e i tuoi colleghi di Open?

“Da sette anni opero a Bologna, in Via dell’Arcoveggio 66, nei progetti interconnessi Rupe Arcoveggio e Varco 66”.

Chi sono le persone che decidono di affidarsi ai vostri progetti?

“Si tratta di persone dall’età compresa tra i 18 e i 70 anni [ma può accedere chiunque purché maggiorenne]. Alcune abitano all’esterno della struttura e partecipano al progetto lavorativo diurno, altre, quelle che vivono al Varco 66, appartengono invece a quello residenziale”.

Esistono altre realtà di Open Group in questo settore? dove si trovano?

“Oltre al Varco 66 ci sono la Rupe Ozzano, la Rupe Maschile Sasso Marconi, quella Femminile di Bologna e la Rupe Fresatore in zona Roveri, e tanti altri progetti.”

Al Varco 66 come è regolato il vostro rapporto con le persone che seguite?

“I momenti più belli sono quelli legati alle feste che facciamo nella struttura, anche i cittadini ci vengono a trovare per una pizzata, per ballare, seguire un concerto, socializzare e stare in allegria.”

Mentre Paola De Giorgi ci parla di queste attività, avvertiamo una nota di nostalgia nelle sue parole, ma proseguiamo con la domanda successiva.

Quanti sono i colleghi di Open coinvolti nel vostro progetto?

“Siamo quattro educatori di Open Group e due educatori aggiunti, cioè ‘au pair’, ossia persone che terminato un percorso di sostegno e si mettono a disposizione per aiutare i nuovi assistiti”.

Ho visto diverse foto nella pagina Facebook Varco 66 dedicate alle vostre attività, è triste vedere quanti eventi, come i concerti e le pizzate, abbia cancellato la pandemia. Ho notato anche una bella cavallina bianca: ci parli di lei?

“È la cavallina Neve, l’abbiamo salvata dal macello ed è la nostra simpatica mascotte. Molto preziosa per il fertilizzante naturale che fornisce all’orto, però va tenuta d’occhio, sennò si mangia tutti gli ortaggi!”, ride Paola.

E con il Covid-19? Come avete affrontato la persistente emergenza?

“Purtroppo le consuete attività sono parzialmente sospese, gli ospiti che vivono nella struttura non possono avere contatti e quindi proseguono nelle attività interne essenziali. I nostri assistiti esterni hanno invece continuato il loro lavoro, perché vivono fuori dalla struttura.”

Tra il serio e il faceto, chiedo a Paola: come vivi il tuo lavoro? O come dice la canzone: ma chi te lo fa fare?

“Faccio questo lavoro perché mi piace viverlo con bellezza e gioia, se sto bene con me stessa è perché amo dare agli altri e spero di trasmettere questa motivazione anche a loro”.

Una risposta piena di ottimismo, entusiasmo ed energie buone, ma non hai neanche un po’ di negatività? A causa dell’emergenza Covid niente concerti, pizzate e balli… Come farete?

Un qualche ricordo le addolcisce lo sguardo: “Sono sicura che qualcosa ci inventeremo, e torneremo a ballare!”

 

Fonte: Senza Veli del 23 Aprile, 2021