#StopInvioArmi #MultipolarWorld Turchia: una vittoria elettorale dell’Eurasia

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Il 28 maggio 2023, la Turchia ha votato ai ballottaggi presidenziali, confermando che nel paese la democrazia funziona, nonostante le accuse occidentali sull’autoritarismo di Erdogan. A confermare che il sistema turco è democratico, è il fatto che per la prima volta nella storia del paese si è reso necessario un ballottaggio svoltosi regolarmente. Alle pseudo-democrazie occidentali, che accusavano il presidente Recep Tayyip Erdogan di essere un semi-dittatore, il popolo turco ha risposto che per loro l’attuale sistema politico va bene così com’è. Questo dimostra che se un sistema a noi occidentali non piace, non abbiamo comunque il diritto di cambiarlo. Infatti le elezioni in Turchia sono state caratterizzate da un’elevata affluenza alle urne e si sono svolte pacificamente nonostante la narrazione dell’Occidente collettivo.

Durante la campagna elettorale, lo sfidante, Kemal Kilicdaroglu che godeva delle simpatie Angloamericane e dell’Unione Europea, non è riuscito spodestare Erdogan. Le critiche che ufficialmente l’Occidente lancia al presidente Recep Tayyip Erdogan,  riguardano un suo generico bigottismo islamico, che limita i diritti umani e la libertà dei media, campi nei quali l’Unione Europea riesce a fare peggio di lui. In realtà, Erdogan viene criticato per la sua non ingerenza nelle rivalità tra Mosca, Pechino e Washingon, Ma anche per il suo coinvolgimento alla Shanghai Cooperation Organization e BRICS, grazie al quale riesce ad aumentare l’interscambio commerciale turco. Ed è per queste ultime novità, che effettivamente parte l’Occidente collettivo sperava nella sconfitta di Erdogan, per insediare al suo posto qualcuno che fermasse i cambiamenti nella politica estera turca.

Invece, il voto del popolo turco significa che questi ha compreso che il suo crescente benessere, è strettamente legato a Erdogan e ha voluto dare continuità alla sua azione di governo. Le elezioni in Turchia hanno anche rappresentato un importante test per la tenuta democratica del paese, dopo il referendum del 2017. All’epoca l’Occidente era preoccupato per il Referendum che modificò 18 articoli della Costituzione turca, introdusse il presidenzialismo e abolì la carica di premier. Ad aprile 2017, le modifiche furono approvate dal voto popolare e un anno dopo, alle elezioni anticipate Erdogan vinse al primo turno. Ancora una volta, se Erdogan, pur ottenendo un potere esecutivo più incisivo, sia stato rieletto, lo si deve alla sua gestione del paese.

L’evoluzione geopolitica della Turchia

La Turchia moderna fu fondata da Mustafa Kemal Pasha, dopo la prima guerra mondiale. Grazie al nuovo leader, nacque lo stato laico che limitò rigorosamente il potere dell’Islam e demandò all’esercito la difesa della costituzione. Per questa e altre iniziative, Mustafa Kemal Pasha ricevette il titolo di Ataturk (padre dei turchi). Grazie ad Ataturk, la Turchia divenne un paese democratico basato sui principi occidentali. Da quel momento, più volte, se i governi deviavano, l’esercito interveniva per ristabilire l’ordine costituzionale. Dopo aver perso i territori dell’Impero Ottomano, la Turchia si concentrò sul suo sviluppo interno e sulla difesa della propria integrità grazie ai militari, poi, nei decenni più recenti, su pressione dell’UE, il ruolo dell’esercito si ridusse.

Per la posizione strategica, tra Europa e Medio Oriente, e tra Mediterraneo e Mar Nero, per decenni la Turchia divenne un avamposto della strategia geopolitica di Washington. Quando poi gli Angloamericani crearono la contro-narrazione sull’inesistente aggressività dell’Unione Sovietica, negli anni della Guerra Fredda (1947-1989), Ankara entrò nella NATO. Con la fine della Guerra Fredda e dell’Unione Sovietica, grazie alla nascita della nuova Russia democratica, la Turchia migliorò le sue relazioni con l’Asia centrale e sviluppò i suoi commerci con la Russia.

L’avvento del pragmatico Erdogan

Negli anni ’90 del secolo scorso, Recep Tayyip Erdogan, divenne sindaco di Istanbul. In quel periodo fu un ottimo primo cittadino, che venne poi incarcerato dall’allora governo, solo per aver pubblicato una poesia religiosa considerata estremista. Dopo quell’esperienza, fondò il Partito per la giustizia e lo sviluppo (AK) e nel 2003 divenne primo ministro. Rimase in carica per 11 anni e nel 2014 divenne Presidente della Turchia per circa vent’anni. Fin da inizio mandato allentò tutti i vincoli economici, attraendo così molti investitori stranieri. Tentò anche di avviare trattative di pace con la popolazione turca di etnia curda senza riuscirvi, e cercò altrettanto inutilmente di aderire all’Unione europea. Dopo essersi reso conto che Bruxelles gli stava facendo perdere tempo, decise di dare alla Turchia una svolta sovranista e tolse le limitazioni all’Islam.

Si tenga inoltre conto del fatto che la Turchia possiede il secondo esercito della NATO, subito dopo gli Stati Uniti. Di conseguenza, nelle guerre imperialiste occidentali in Medio Oriente, Ankara non è rimasta a guardare. Intervenne anche in Siria, colpendo i curdi siriani per i loro aiuti al PKK. Quest’ultimo partito curdo viene perseguitato da Ankara, per aver compiuto attacchi terroristici in Turchia, ed è riconosciuto quale organizzazione terroristica anche da Unione Europea e Stati Uniti. Per questo motivo, il presidente Erdogan sta bloccando l’adesione di Svezia e Finlandia alla NATO, poiché i due paesi ospitano e proteggono i militanti del PKK. Da questa disamina, si comprende che gli interessi dell’odierna Turchia non coincidono più con quelli di USA UE e NATO. Lo dimostra il fatto che Ankara, per non dipendere totalmente dagli Stati Uniti, pur essendo membro della NATO, ha acquistato il sistema missilistico S-400 dalla Russia.

Forse qualcuno ricorderà che Ankara, alcuni anni fa abbatté più o meno per errore, un aereo da combattimento russo, fatto che all’epoca questo generò gravi tensioni tra Russia e Turchia. Tuttavia, i presidenti Erdogan e Putin scelsero un approccio pragmatico e continuarono a dialogare. Questa apertura al dialogo, fu utile a Erdogan quando il 15 luglio 2016, alcuni militari turchi, fomentati dagli Angloamericani, tentarono di rovesciarlo. In quelle ore convulse, ufficialmente Erdogan fuggì in aereo e iniziò a chiedere asilo a diversi paesi europei, Germania compresa. Tuttavia, questi “paesi amici”, rimasero freddi alle sue richieste d’aiuto, dimostrando che volevano sbarazzarsi di lui. Fu a quel punto che Erdogan ordinò all’esercito, di annientare e arrestare i golpisti, poi rientrò ad Ankara, semmai vi si fosse davvero allontanato: ma cos’era veramente successo?

Sembra che fu l’intelligence russa a scoprire in anticipo il golpe, e che Putin avesse deciso di avvisare Erdogan, nonostante la vicenda del jet russo abbattuto. Il furbo presidente turco, predispose una sua strategia e finse la fuga chiedendo aiuto agli “amici occidentali”, cozzando contro un muro di indifferenza. Dopo quel grave episodio, nonostante l’allora Presidente degli Stati Uniti Barack Hussein Obama e la NATO, pronunciassero tardive parole di amicizia e sostegno, Erdogan capì che non doveva più fidarsi dell’Occidente collettivo.

Turchia e Brics

In Occidente, i tanti che continuano a pensare di avere il monopolio esclusivo della democrazie e verità, sono ignari della realtà quando parlano dell’imprevedibilità di Erdogan. Costoro ignorano o fingono d’ignorare che non solo i turchi ma il resto del mondo, si sono stancati dell’arroganza occidentale guidata dagli Stati Uniti. Purtroppo per noi, se i nostri rappresentanti non correranno ai ripari, alla fine tutto ciò si ripercuoterà su noi cittadini occidentali. Sappiamo che Turchia, Arabia Saudita, Iran, Argentina ed Egitto, vogliono entrare a far parte dei BRICS, ad annunciarlo ufficialmente è stato il presidente dei BRICS, Purnima Anand.

Il politico indiano ha dichiarato che questi Stati hanno presentato la domanda di adesione, durante il recente vertice BRICS svoltosi quest’anno (2023). Da parte sua la Federazione Russa, tutt’altro che isolata, si è detta favorevole all’allargamento dei nuovi Paesi ai BRICS. L’ingresso dei nuovi partner, porterà benefici economici e politici sia a nuovi che ai vecchi membri. Dunque, checché ne dica la propaganda del crepuscolare Occidente collettivo, il pragmatico e visionario Erdogan ha già capito che è nell’interesse dei turchi aderire al nuovo mondo multipolare.

Raccolta Firme Referendum

Invitiamo nuovamente i lettori a partecipare alla raccolta firme contro l’invio di armi italiane in Ucraina. La raccolta si svolge ai banchetti dislocati in varie città, oppure presso gli URP dei comuni o quartieri. Ma anche online clicca QUI oppure QUI, con le credenziali SPID o firma elettronica o CIE. Bisogna tener presente che c’è tempo fino al 17 luglio 2023, quando le firme non potranno più essere raccolte, consigliamo tutti di organizzarsi per tempo.

Grazie, Col. Luciano Bonazzi

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